Incominci a capire che stai crescendo quando ti compaiono i primi fiorellini sul petto. Nel mio caso però si notavano troppo ed ero oggetto di beffe da parte dei miei amici. Mi chiamavano Hippie, figlio dei fiori, mi dicevano che ero buono per fare la tenda da cucina o la carta da parati per il bagno. Che simpatici! No…non è vero, erano molto antipatici, però volevo loro bene.
Nonostante fossi timido ero riuscito ad inserirmi in un cospicuo gruppetto formato dai soggetti più bizzarri: c’era lo studioso di lingue, specializzato in francese, la cui aspirazione era di diventare una baguette; c’era il nerd appassionato di telefoni ma si lamentava sempre che non ci fosse campo; uno voleva fare il modello, perché era così bello che quando passava tutti si voltavano verso di lui come se fossimo dei girasoli; per non parlare del tosto: lui era un tipo talmente duro che la sua ambizione era di diventare un agente segreto di sua Maestà la Regina d’Inghilterra. Purtroppo però fu scartato perché gli dissero che per diventare un agente doppio 0 serviva qualcuno un po’ più tenero, quindi oggi si trova ad essere gli occhi e le orecchie dei servizi segreti pugliesi.
E poi c’era lei, bella come il sole, e dal carattere vivace e frizzante: ovunque andasse portava allegria e convivialità. Era ambita da tutti ma, per evitare di far torto a qualcuno, era un po’ fredda e scostante. Nonostante ciò, mi riservava sguardi complici e profondi. Bastava che comparisse alla mia vista per rendermi felice e donarmi un senso di ebbrezza. Ero sicuro che tra noi ci fosse qualcosa e potevo percepire che fossimo legati in qualche modo. Tante volte mi capitava di sognarla e di pensare ad un futuro insieme, ed erano gli unici pensieri che ero in grado di fare, riguardanti quell’argomento.
Non avevo aspirazioni, non sapevo cosa volessi diventare, non conoscevo le mie qualità. Davanti lo specchio mi guardavo chiedendomi chi fossi, ma quel vetro spietato rifletteva solo la mia immagine e quei maledetti fiorellini. Quanto li odiavo! Più passava il tempo, più aumentavano, e come se non bastasse, più si ingrossavano e cambiavano forma. Questa situazione mi seccava a tal punto che il giorno della mia maturità mi sono coperto il più possibile.
Stavo anche cambiando colore ed ero spaventato, nonostante tutti mi rassicurassero dicendomi che fosse una cosa normale. Purtroppo però, ho un brutto rapporto con l’ansia e le loro parole non mi tranquillizzavano molto. Volevo risposte alle mie domande e alle mie preoccupazioni, volevo una guida, un consiglio sul futuro, ma presto il destino avrebbe preso le redini e deciso per me. Il fato aveva la forma umana e impugnava uno strano oggetto ricurvo che brillava di luce riflessa. Lui si avvicinava, mi guardava, ed io ero tranquillo, dato che non era la prima volta che passava tra di noi.
L’ultima cosa che ricordo è la sua mano che mi afferrava, le sue parole “Sei perfetto!”, e il suo braccio che mi falciava mentre perdevo i sensi.
Alessio Mastrodonato
diario di una spiga